Piccolo spunto disordinato per un viaggio immaginario.

Mi sono svegliata tardi, col sole già alto, che filtrava tra le persiane socchiuse della mia camera. Nessuna valigia, nessun biglietto. Solo un desiderio: canalizzare l’energia che questa mattina scorre come un flusso incontenibile.
Così ho preso il mio zaino vuoto, ci ho messo dentro una bottiglia d’acqua, una vecchia macchina fotografica e un panino con pomodori e mozzarella. Ho deciso che sarei andata in vacanza, senza andare da nessuna parte. Come prima cosa, ho fatto colazione di fronte a un blu accecante.

Oggi il vento soffia da nord, mi sono lasciata accompagnare nella sua direzione. Camminando tra le strade del mio paese, ho finto che fossero vicoli di un piccolo paese nel mediterraneo. I muri scrostati, case bianche a picco sul mare, le voci degli anziani seduti all’ombra sembravano musica greca in lontananza, nello specifico Sofia Vebo che intonava “Poso Lipame”.

Sdraiata su una panchina di legno, ho chiuso gli occhi. Le ombre delle foglie del pioppo ballavano sul viso. Il sole mi scaldava come sulla spiaggia. Il suono delle foglie diventava risacca, il profumo di gelsomino si mischiava alla salsedine. Ho mangiato il mio panino guardando le nuvole, credendo fossero vele lontane.

Nel pomeriggio, seduta sui gradini della chiesa, ho finto fosse una terrazza con vista sul mare. E per un attimo, lo è stata davvero.

La sera ho preparato la pasta con le vongole, ho acceso una candela, un po’ di musica francese in sottofondo. Ho lasciato il telefono in un’altra stanza. Mi sono seduta al tavolo e ho cenato piano, come in una trattoria sul porto, sentendomi lontana da tutto.

Oggi non ho preso un aereo, né un treno. Ma sono partita. E sono tornata con un ricordo che profuma di sale, limoni e libertà.
