Parlare di Gae Aulenti significa evocare una delle figure più potenti e influenti del Novecento, una donna che ha saputo affermarsi in un mondo allora dominato dagli uomini, diventando un riferimento assoluto nel campo dell’architettura, del design e della cultura del progetto. La sua casa a Brera, nel cuore pulsante di Milano, è oggi un luogo-simbolo, una dimora che non è soltanto memoria privata, ma un manifesto vivente del suo pensiero e della sua eredità.

Una pioniera fuori dagli schemi
Laureata in architettura nel 1953, Gae Aulenti entra nella professione in un’epoca in cui le donne erano una rarità in questo campo. Ma la sua determinazione e il suo talento le permisero di ribaltare i pregiudizi: “Sebbene l’architettura sia considerata una professione da uomini – dichiarava – faccio finta di non saperlo”.

La sua carriera è una parabola luminosa che attraversa discipline diverse: dagli showroom Olivetti ai progetti per la famiglia Agnelli, dalla scenografia teatrale alle grandi architetture pubbliche. Il suo nome rimane scolpito soprattutto grazie al Museo d’Orsay a Parigi, trasformato da stazione ferroviaria in uno dei luoghi culturali più visitati al mondo. Con la stessa forza progettuale firma anche la riqualificazione di piazza Cadorna a Milano, con la celebre installazione dell’ago e filo, divenuta simbolo della città.

La casa di Brera: un laboratorio creativo
Dal 1974 fino alla sua morte nel 2012, Gae Aulenti ha abitato un appartamento a Brera che oggi ospita il suo archivio, curato dalla nipote e architetta Nina Artioli. Questa casa, più che una semplice abitazione, è un paesaggio interiore: un luogo dove la vita quotidiana, il lavoro e la cultura si intrecciano senza soluzione di continuità.



L’ampio soggiorno si articola su due livelli, con una scala metallica arancione e l’inconfondibile passerella sospesa arancio rosso che conduce a un solarium vetrato, affacciato sui tetti e sulla piazza San Marco. Un gesto architettonico di grande forza simbolica, che riflette l’idea di Aulenti di collegare spazi e funzioni, superando i confini tra interno ed esterno.



Le pareti sono interamente rivestite di libri, come in una biblioteca ideale, e punteggiate da oggetti e arredi che raccontano le sue passioni: la lampada Pipistrello, la poltrona Sgarsul, la lampada King Sun, ma anche opere d’arte come un arazzo di Roy Lichtenstein e una scultura di Fausto Melotti. Ogni dettaglio testimonia la sua capacità di muoversi tra arti visive, design e architettura con naturalezza.

Un salotto culturale
La casa è stata a lungo un crocevia intellettuale: tra quelle stanze hanno trovato spazio incontri e conversazioni con figure come Umberto Eco, Vittorio Gregotti, Inge Feltrinelli, Luca Ronconi. Aulenti era solita organizzare pranzi e serate in uno spirito di raffinata semplicità, capace di unire la leggerezza della convivialità alla profondità della riflessione culturale.

Non un’abitazione silenziosa, ma un luogo vivo, animato da discussioni, progetti e visioni che hanno contribuito a definire l’identità culturale di Milano nel secondo Novecento.
Una vocazione alla trasversalità
Ciò che emerge dalla sua casa è la visione trasversale che ha sempre guidato il lavoro di Gae Aulenti: architettura, design, scenografia, arredo e insegnamento si intrecciano, dando vita a un metodo progettuale unico. Per lei non esistevano compartimenti stagni: ogni progetto era un universo completo, dove l’analisi rigorosa si accompagnava a una capacità di sintesi e a un intuito quasi profetico.

Non a caso amava ripetere: “Occorre avere capacità analitica, sintetica e profetica”. Una frase che sintetizza il suo approccio al progetto e alla vita.
Un’eredità che parla al presente
La casa di Brera è un luogo vivo di memoria e di ispirazione, uno spazio che permette di comprendere l’essenza della sua personalità. Ogni stanza, ogni oggetto, ogni opera è un tassello che compone il mosaico di una donna capace di anticipare i tempi, rimanendo però sempre radicata nel suo presente.

Gae Aulenti è stata davvero una maestra del design del ’900, non per aver incarnato uno stile, ma per aver infranto gli stili stessi, aprendo strade nuove, dialogando con l’arte, la tecnologia e la società. La sua eredità continua a influenzare anche i progetti dei nostri giorni e la sua particolare modalità di concepire il design è ancora oggi cultura viva, capace di trasformare lo spazio e la vita.